Il grido di Sara per il Po
di Laura Gavioli
Negli anni, a Cà Cornera, abbiamo sollecitato molti artisti a conoscere il Po, a guardare quel fantastico “pianeta” che è il Delta, secondo la storica definizione di Gian Antonio Cibotto. Il risultato di questa conoscenza è stato sempre occasione di una mostra e, nella maggiore parte dei casi, il rapporto degli artisti con il Po non si è esaurito in quel momento soltanto, ma ha continuato a dare in seguito altri frutti ben riconoscibili.
Le artiste sono le più prolifiche creatrici di opere sul tema nel tempo, segno di una vicinanza con la natura che continua ed alimenta i sensi e la fantasia. Voglio ricordare Carolina Marisa Occari che ha tenuto il Po per tutta la vita come soggetto principale delle sue incisioni; la scultrice Adriana Mastellari con le sue isole del Po. Anche Patrizia Comand, artista per eccellenza visionaria, è stata affascinata dalla letteratura fantastica con le storie e le filastrocche di argomento padano; poi Paola Campidelli, che ha assorbito il ritmo di un paesaggio dolce e contrastato, dalle grandi variazioni cromatiche, dagli imprevedibili impatti visivi. Perfino la più ermetica e astratta Bruna Gasparini, mantovana di nascita e veneziana per tutta la vita, ha portato in sé, nel suo originale spazialismo, i germi di questa speciale costruzione atmosferica.
Così Sara Cavallaro ha risposto al nostro invito e la sua proposta è molto originale, anche nel mezzo espressivo, che comprende una serie di sette incisioni a puntasecca, a formare una cartellina, più alcuni bozzetti e disegni rapidi, autentiche impressioni. Un’interessante divagazione letteraria riguarda i lavori dedicati al mito di Ofelia, secondo l’interpretazione affascinante data dal pittore John Everett Millais nel celebre dipinto Ofelia, 1852, della Tate Gallery di Londra, dove Ofelia (rappresentata nelle sembianze di Elizabeth Eleanor Siddal, pittrice e poetessa, moglie di Dante G. Rossetti) è dolcemente adagiata sull’acqua in mezzo ad una ricca vegetazione, come su un letto di morte. Questo ricordo porta Sara ad azzardare un fantastico connubio tra il nostro lussureggiante paesaggio deltizio, con il personaggio femminile e il gusto pre-simbolista della citazione.
Il punto di contatto di Sara con il Po è originale e imprevedibile quando incide i suoi segni graffianti, come dolorose ferite, che disegnano le mitiche ali di uccello rapace, oppure quando pone la data ermetica di Novembre 1951 per ricordare l’alluvione, e ancora nel Tributo al fiume… Così per l’artista il sentimento forte per la natura si concentra in un religioso e sommesso grido: Dio proteggi il Po.
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