Maurizio Giovanni Pizzo
Tra le pieghe del ricordo - La donna del fiume – 1955/2023

Fu mia madre a portarmi al Cinema, avevo sei anni. Era un pomeriggio, ricordo una sala pressochè vuota. E mia mamma che, dopo aver preso i biglietti, mi disse: “vedrai qualcosa che ti resterà impressa ma è solo una favola triste.”

Una scelta strana per un bambino. Indubbiamente inadatto e ho il sospetto che il film interessasse soprattutto a lei, per poi parlarne con le amiche.

Abitavamo allora nei pressi di Comacchio e il film che stavamo per vedere era “La donna del fiume”, con Sophia Loren, dove tutti gli esterni erano stati girati lì dalle nostre parti, nel delta del Po.

La Loren, nel film, è Nives, operaia che lavora alla “Marinatura delle anguille”. All’apparenza un personaggio femminile mite che si fa domare dalla vita ma in realtà una figura coraggiosa e determinata.

Il Delta Padano divenne così protagonista di un film che fu molto amato dagli italiani, un po’ meno dalla critica che lo definì “un melodramma”. E così il Lido di Volano, Comacchio, i canneti di Pila a Porto Tolle, gli argini di Ca’ Cornera a Contarina, furono immortalati assieme ai cittadini comuni che parteciparono come comparse nella pellicola che di fatto sancì nella figura di Sophia Loren l’icona femminile del Delta del Po. Senza dimenticare il fortunato debutto, con il ruolo di protagonista maschile, del polesano Rik Battaglia.

Effettivamente il cinema ha sempre avuto la capacità di creare momenti di assoluta identificazione e comunione dell’individuo con la folla e al tempo stesso di non far perdere al singolo spettatore la sensazione che il cinema si rivolga o interpelli proprio lui.

Quel che è certo, devo confessarlo, da allora mi è rimasta una certa fascinazione, una sorta di quieta ebrezza allo spegnersi delle luci in sala, una felice sospensione del tempo e un entrare nella dimensione del sogno, pronto ad essere trasportato come allora, quando ero bambino, dentro ad una favola…

Come recitano i titoli di testa, “La donna del fiume” nasce da una prestigiosa compagine culturale di grandi nomi del Novecento italiano: Enio Flaiano, Alberto Moravia, Giorgio Bassani, Pier Paolo Pasolini, Florestano Vancini e per finire, come regista, Mario Soldati.

Il film doveva essere l’ennesimo melodramma a fosche tinte, progettato da Carlo Ponti più per soddisfare esigenze produttive che per motivi artistici. Tuttavia, l’enfasi populista di alcuni stereotipi: la vergine sedotta e abbandonata, il contrabbandiere, la calunnia, il tradimento, la vendetta e il pentimento finale mi hanno sempre fatto correre con il pensiero ad un certo registro drammatico, tipico del teatro giapponese.

E’ proprio da questa riflessione che, noi di “Ca’ Cornera, dove il Po si fa cultura”, abbiamo preso spunto, affidando a Maurizio Pizzo, artista nell’arte dell’origami, di interpretare nuovamente, con la sua arte, il racconto del film a noi così caro.

Origami” è, notoriamente, l’arte di piegare la carta per dar vita a nuove forme e Maurizio Pizzo non si è smentito sostituendo personaggi e suggestioni del film, trasformando il racconto con la fantastica libertà che il Delta del Po garantisce ad ogni artista. Egli ci regala una parabola completa, tra stimoli Pop, colori sgargianti, impegno tecnico ma con tanta poesia.

E’ un’arte che incanta, quella di Maurizio Pizzo, rapisce, porta in regioni inesplorate dell’immaginario. Il termine di artista degli “Origami” gli sta stretto: è autore stesso di una nuova lettura interpretativa della storia. Unisce, nei suoi lavori, scene da varie angolazioni, si affida ad una spiccata cifra visionaria, l’unica via sicura per accompagnare un percorso tormentato nella sua metamorfosi, verso una nuova vita.

Mi piace ricordare una sua folgorante riflessione: “Per ogni piega che facciamo per adattarci al mondo diventiamo altro, solo per far sognare gli altri”.

Settembre 2023 Gianpaolo Gasparetto

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